Coronavirus e il cambiamento climatico

29.03.2020

Negli ultimi decenni c'è stato un incremento delle pandemie che molti legano al cambiamento climatico e all'inquinamento.

Ma diverso - e molto - è il nostro modo di rapportarci a questi due 'problemi'. Covid-19 è nato improvvisamente e si è poi è nato casualmente, ma si è poi diffuso velocemente a livello globale. È scattata, più o meno velocemente, l'emergenza e la mobilitazione. Per l'emergenza 'cambiamento climatico' siamo invece fermi, nulla accade e la notizia - tremenda e agghiacciante - che i ghiacci polari si sciolgono oggi a una velocità sei volte maggiore rispetto agli anni '90, quasi scompare dai media. Sappiamo che il cambiamento climatico esiste, che si fa sempre più grave, che la nostra in-azione produrrà effetti sempre più devastanti sul clima, sulla vita umana, sull'economia. Effetti davanti ai quali l'attuale pandemia sembrerà forse un semplice raffreddore. Eppure, pur potendo quindi intervenire 'da subito' per modificare la situazione e invertire la rotta - agendo secondo 'consapevolezza' e 'responsabilità' - nulla accade. O troppo poco.

E allora: siamo forse come le rane della metafora del filosofo Noam Chomsky? Se buttate vive nell'acqua già bollente, le rane cercano di uscire velocemente dalla pentola (consapevoli del pericolo, come noi oggi davanti al coronavirus); se invece vengono messe in un'acqua che si scalda lentamente (il cambiamento climatico non è immediatamente percepibile come emergenza), non si accorgono della modificazione, anzi si accomodano nel caldo piacevole della 'pentola/comfort-zone' (il tecno-capitalismo con la sua industria del divertimento, con il consumismo e i social e l'edonismo individualistico - la 'comfort-zone' che produce per noi); e quando l'acqua sarà diventata troppo calda (il riscaldamento climatico non si ferma), saranno (saremo) incapaci di uscire dalla pentola. Triste metafora - ma ahimè molto vera - che spiega molto dei comportamenti umani.

E dalle rane ritorniamo a Silvia Avallone, che si rivolge appunto ai giovani (ma qui estendiamo la sua riflessione a tutti): "Un consiglio spassionato? Non disertate la Rete, anzi, ma accanto al diario pubblico, scrivetene uno privato. Strappate una pagina bianca da un quaderno e buttateci sopra quel che avete dentro. Non per piacere agli altri o per utilità. Solo per voi stessi, senza altro fine se non quello di 'conoscervi'. Avete tempo, no? Potete perdere settimane annegandole nei videogiochi; oppure potete tentare l'impresa: capire chi siete e chi desiderate diventare". Unico modo, anche per noi, per 'restare umani', 'disobbedendo' al sistema.

FONTE: Agenda digitale